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Fototerapia relazionale: l’uso delle immagini per comprendere e sostenere la relazione




“Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate”. Diane Arbus Chi scatta una fotografia, chi ne è ritratto, chi la osserva, chi poi la sceglie e conserva, genera sempre un significato legato a quell’immagine. Un significato personale che esiste in ogni caso, sia quando è concreto ed esplicito, dichiarato, sia quando è inconsapevole o non direttamente riconducibile a ciò che si vede. Per una stessa fotografia troviamo quindi molteplici significati che corrispondono idealmente alle diverse persone che la faranno oggetto del loro sguardo e ai diversi momenti in cui, queste stesse persone, si fermeranno a guardarla. Le tecniche di fotografia terapeutica si concentrano proprio sull’esplorazione dei significati personali legati alle immagini. L’accento sulla relazione permette di ricavare, attraverso l’osservazione di determinati elementi, ulteriori informazioni utili alla comprensione dei rapporti significativi della persona:
  1. Cosa può dirci di noi una fotografia che scegliamo anche se ritrae altre persone?

  2. Cosa racconta di noi e del modo in cui stiamo con gli altri una fotografia che ci ritrae da soli?

  3. Quale virtù e quale limite del nostro rapporto di coppia, del nostro essere genitore o figlio, ci segnala una foto di famiglia?

Le tecniche Intorno alla fotografia terapeutica incontriamo oggi numerose tecniche, ampiamente diffuse in diversi ambiti: dalla formazione alla consulenza sino alla psicoterapia. Judy Weiser (PhotoTherapy Centre in Vancouver), pioniera della fototerapia e autrice di uno dei primi articoli apparsi sul tema (Weiser, 1975) descrive 5 tecniche, ciascuna basata sull’utilizzo di un tipo di immagine:

  1. Fotografie scattate o conservate dal cliente

  2. Fotografie che ritraggono il cliente

  3. Autoritratti

  4. Foto di famiglia

  5. Fotografie generiche (o tecnica “foto-proiettiva”) Altre importanti tecniche che utilizzano le immagini sono il photolangage (Baptiste e Belisle, ripreso da C. Vacheret, 2000) il genogramma fotografico (de Bernart, 2013; Ravenna, Iacoella, 2006), il collage terapeutico (de Bernart, 1987; Korth).

Il Metodo Le tecniche di fototorapia si fondano su elementi verbali (racconto, ascolto etc.) e non verbali (immaginazione, disegno, selezione, assemblaggio creativo). Possono essere svolte individualmente, in coppia, con la famiglia o in un contesto di gruppo. La conduzione è affidata ad uno psicoterapeuta o ad operatore con formazione specifica. L’esplorazione parte da un input sensoriale (fotografia singola o insieme di immagini), quindi, tramite domande e riflessioni, l’operatore accompagna il cliente verso l’individuazione di alcuni temi significativi, generalmente legati ai bisogni, alle aspettative, a al ricordo di eventi particolari, ai miti familiari e alle motivazioni personali profonde. Per le immagini che ritraggono persone, l’operatore sostiene la lettura degli elementi non verbali come la posizione reciproca dei corpi, la postura, la mimica facciale e tutti gli elementi che denotano un’emozione. L’operatore non suggerisce né insiste, ma accompagna il cliente nel sentire e nel collocare sé stesso, tanto nel ricordo quanto nel momento presente, in un lavoro di ipotesi, di connessione di eventi, di ricostruzione della storia, di esplorazione di possibilità future. Nel lavoro con la coppia o con la famiglia la riflessione si centrerà sulle specifiche dinamiche di relazione, sulla ricerca dei punti di connessione e divergenza, su ciò che unisce/divide nell’analisi di una medesima immagine o tema. Soprattutto quando l’applicazione avviene fuori da un contesto terapeutico, particolare attenzione viene posta alla sensibilità della persona: non si affrontano argomenti o eventi che la persona non vuole o non sia pronta a toccare, nel rispetto della privacy e dei tempi di elaborazione individuali.

Gli Obiettivi

  1. Acquisire consapevolezza circa aspetti del Sé e delle proprie modalità di relazione

  2. Acquisire consapevolezza rispetto ad eventi della propria storia personale trigenerazionale

  3. Collocare le proprie scelte nel ciclo di vita della coppia e famiglia

  4. Individuare risorse e vincoli che hanno facilitato o ostacolato il cambiamento

  5. Individuare elementi che hanno generato la crisi di un rapporto

  6. Fare chiarezza sui propri bisogni, comprendere i bisogni altrui

  7. Facilitarne la comunicazione, sia come espressione che come ascolto

  8. Individuare soluzioni o alternative per la risoluzione di un conflitto

  9. Compiere movimenti verso l’acquisizione di controllo e potere decisionale

  10. Attuare un cambiamento di prova Le fototerapia relazionale sarà applicata durante il soggiorno esperienziale La Manutenzione degli Affetti, in programma dal 3 al 6 settembre 2015. Laura Auricchio – 12 giugno 2015 Resta aggiornato: iscriviti alla nostra newsletter

Riferimenti

  1. de Bernart  R. (1987). L'immagine della famiglia. Terapia Familiare, Notizie: 6: 3-4.

  2. de Bernart R. (2013). The photographic genogram and family therapy. In Loewenthal D. editor, Phototherapy and therapeutic photography in a digital age.  New York: Routledge

  3. Ravenna A.R., Iacoella S. (2006). Il genogramma fotografico. INformazione Psicoterapia Counselling Fenomenologia, 7: 18-27.

  4. Weiser, J. “Photography as a verb” in “The BC photographer”, 1975.

  5. Weiser, J. (2004) nel ""PhotoTherapy techniques in counseling and therapy: Using ordinary snapshots and photo-interactions to help clients heal their lives” Canadian Art Therapy Association Journal"  17:2, pages 23-53

  6. Vacheret, C. “Photo, groupe et soin psychique” Presses Universitaires de Lyon, Lione 2000

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